Amianto, ricerca Ausl di Bologna: i morti fino al 2015 sono 467

L’indagine sull’ amianto presentata ieri: “Dati in difetto”. E l’apice della mortalità non è ancora stato raggiunto

L’ amianto, la fibra bianca, li ha uccisi. Morti sul lavoro: 163 decessi per mesiotelioma pleurico, il tumore dell’amianto; 292 per tumore del polmone, dieci per quello al peritoneo. E due casi per asbestosi. L’impietosa somma fa 467: è la strage silenziosa che si è consumata tra i ferrovieri a Bologna raccontata da uno studio dell’Ausl che, dopo quello già uscito sui lavoratori delle Ogr, prende in esame tutti gli operai dei tre stabilimenti pubblici: le Ogr di via Casarini, la Casaralta e il Deposito locomotive in stazione e in San Donato.

L’indagine, presentata ieri al convegno sull’esposizione all’ amianto nel comparto rotabili ferroviari, non solo quantifica i decessi dagli anni ’60 al 2015 – che per i parenti delle vittime sono “comunque in difetto” – ma dimostra quanto sia influente la durata e l’intensità dell’esposizione all’ amianto nella mortalità. “Un punto fermo, visto che nei processi viene sostenuta dai periti della parte avversa alle vittime la tesi che vale solo la prima esposizione», spiega Antonia Guglielmin, diretttice dell’Unità Prevenzione, sicurezza e ambiente di lavoro dell’Ausl di Bologna. «Gli esiti della ricerca sono importanti. L’esposizione all’amianto è stata massiccia e consistente dal ’59 al ‘79”.

L’unico spiraglio è che l’apice di mortalità atteso entro il 2020 “sta frenando lievemente”. Analisi che ricostruiscono, ricorda Andrea Caselli, presidente dell’associazione famigliari e vittime dell’amianto, la storia di “una classe operaia orgogliosa del proprio lavoro che è stata tradita e uccisa dalla sciatteria irresponsabile di dirigenti”. L’ultima sentenza ha condannato tre ex consiglieri della Casaralta. Ma la battaglia di giustizia
è ancora lunga. “Dietro i numeri ci sono storie di persone, angosce di famiglie”, sollecita Caselli. “Non si tiene conto …
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