Libia. Nel 2011 la Nato usò l’uranio impoverito: possibile l’aumento dei casi di cancro

Era stato il cugino di Gheddafi, Ahmed Gaddaf al-Dam, a sollevare la vicenda qualche mese fa in una lettera indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, in cui avvertiva la comunità Iiternazionale del rischio reale che “oltre 1milione e 700mila uomini e donne libici possano morire di cancro, che si sta diffondendo in maniera allarmante a causa dei missili e dell’artiglieria utilizzati nell’attacco Nato alla Libia”.
Ora un gruppo di esperti nucleari libici ha presentato un rapporto al Governo di Accordo Nazionale in cui dimostra tassi di alta radioattività in uno dei quartier generali dell’esercito libico, bombardato dalle forze dell’Alleanza atlantica nel 2011. Il consulente della commissione per l’ambiente e l’Atomic Energy Commission, Nuri al-Druk, ha dichiarato all’agenzia di stampa Sputnik che “dopo aver effettuato misurazioni precise, abbiamo scoperto che la radioattività è il risultato dell’uso di missili NATO con uranio impoverito”.
Al-Druk ha annunciato che i suoi colleghi intendono chiedere l’assistenza dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA) e altre organizzazioni internazionali per svolgere verifiche approfondite sulla presenza di uranio, già ampiamente dimostrata nella capitale, anche in altre città come Misurate e Zliten, che furono maggiormente colpite dai missili della coalizione occidentale.
Nel rapporto si legge che “L’uranio impoverito è stato usato nella guerra in Bosnia ed Erzegovina, nella guerra del Kosovo e, in misura minore, nella seconda guerra del Golfo. Nel 2001 Carla del Ponte, allora a capo del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia, ha affermato che l’uso di armi all’uranio impoverito da parte della NATO sarebbe potuto essere considerato un crimine di guerra, sebbene tale ipotesi non è mai stata presa in considerazione seriamente, forse per evitare cause contro i Governi che ne hanno fatto ampio utilizzo”.
Uno studio effettuato da Diane Stearns, biochimico presso la Northern Arizona University, nel 2006, ha stabilito che cellule animali esposte al sale di uranio solubile in acqua, meglio noto in gergo scientifico come acetato di uranile, UO2(CH3COO)2, sono risultate soggette a mutazioni genetiche, determinando tumori ed altre patologie, indipendentemente dalle sue proprietà radioattive. Lo studio ha anche accertato che l’esposizione sia a composti chimici di uranio impoverito sia di uranio naturale può causare danni ai reni, pancreas, stomaco o intestino, mostrare effetti citotossici e carcinogeni in animali, nonchè causare effetti teratogeni in roditori e rane e in umani in contatto con polveri di uranio naturale ed impoverito…

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