Infuria la polemica sull’ uranio impoverito e sui danni da esso causati ai nostri militari.
Le “reiterate sentenze della magistratura ordinaria e amministrativa” hanno “costantemente affermato l’esistenza, sul piano giuridico, di un nesso di causalità tra l’accertata esposizione all’uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari o, per essi, dai loro superstiti. Per l’uranio è stato altresì riconosciuto sul piano scientifico, con la Tabella delle malattie professionali Inail approvata nel 2008, il nesso causale per la nefropatia tubolare”. E’ quanto sottolinea la Commissione parlamentare sull’ Uranio impoverito nella relazione finale sull’attività svolta. La Commissione “ritiene che, a dieci anni dall’emanazione della predetta Tabella, i progressi della scienza medica e i risultati delle indagini epidemiologiche imporrebbero un aggiornamento della Tabella stessa, con l’inclusione di altre patologie, con particolare riguardo a talune forme tumorali del sistema emolinfopoietico”. “Tra le tante audizioni – si legge nella Relazione – merita attenzione quella del prof. Giorgio Trenta, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica, che il 23 marzo 2016 ha riconosciuto la responsabilità dell’ uranio impoverito nella generazione di nanoparticelle e micropolveri, capaci di indurre i tumori che hanno colpito anche i nostri militari inviati ad operare in zone in cui era stato fatto un uso massiccio di proiettili all’ uranio impoverito”. “In relazione a tre specifici casi emersi nel corso dell’inchiesta, la Commissione ha convenuto di trasmettere gli atti acquisiti nelle rispettive audizioni presso le procure della Repubblica competenti. Si tratta – si legg – della vicenda relativa al militare Antonio Attianese, vittima di una grave patologia insorta a seguito della sua permanenza in territori contaminati dalla presenza di uranio impoverito in Afghanistan. Davanti alla Commissione, il 15 marzo 2017, denunciava l’atteggiamento ostruzionistico di alcuni superiori e le gravi minacce da lui subite nel corso delle pratiche relative alla sua richiesta di causa di servizio”. La seconda circostanza “è rappresentata dal caso sollevato dal Tenente Colonello Medico Ennio Lettieri che, il 5 luglio del 2017, affermava di essere stato direttamente testimone, nel corso della sua ultima missione in Kossovo, in qualità di direttore dell’infermeria del Comando Kfor, della presenza di una fornitura idrica altamente cancerogena di cui era destinatario il contingente italiano, in un contesto di scarsa o inefficiente sorveglianza sanitaria sui militari italiani ivi impiegati e di grave pericolosità ambientale, del tutto sottovalutato o ignorato dai comandi in carica”.
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