Casale Monferrato (Gianni Patrucco) – Ancora disinformazione (ma che fatica ragazzi!), stavolta non sulle Università, ma sul Mesotelioma, il cancro causato dall’amianto che ha mietuto centinaia di vittime nel casalese. La notizia, falsa, ci viene sempre dal solito foglio che racconta a modo suo la realtà sull’ inibitore del mesotelioma.
Vi si legge che la dottoressa Federica Grosso, responsabile dell’Ufim (Unità Funzionale Interaziendale Mesotelioma), in occasione della conferenza mondiale per i tumori al polmone che si è svolta il mese scorso a Vienna nell’ambito del convegno che trattava principalmente i dati dello studio Aura 3 su Osimertinib, un inibitore di 3° generazione, ha magnificato le proprietà miracolose di un altro inibitore del mesotelioma che mira ad attaccare selettivamente i vasi sanguigni tumorali per distruggerli. Si dice che la sperimentazione avrebbe coinvolto 87 pazienti nel mondo, di cui 15 all’Ufim a Casale Monferrato con la collaborazione dell’unità di ricerca presente all’ospedale di Alessandria, diretta dal dottor Antonio Maconi, che nei pazienti di mesotelioma pleurico trattati con questo protocollo hanno beneficiato di un allungamento del periodo con malattia stabile di 4 mesi (a noi risulta questo dai dati scientifici ufficiali disponibili) risultato modesto e raggiungibile anche con trattamenti già disponibili, mentre in alcuni casi la massa tumorale si sarebbe ridotta, ma non è stato specificato se ciò non sia per caso dovuto alla chemio abbinata all’ inibitore del mesotelioma. In quella circostanza a valutare la qualità degli abstract, cioè dei riassunti che raccolgono i punti salienti della ricerca, era preposto Giorgio Vittorio Scagliotti, direttore dell’oncologia medica dell’Università di Torino.
Un business miliardario
Della cosa si interessa il colosso farmaceutico tedesco Boehringer-Ingelheim, una tra le prime 20 aziende farmaceutiche al mondo con sede a Ingelheim Am Rhein (Germania), che opera a livello globale con 146 affiliate e più di 47.700 collaboratori.
Sono essenzialmente quattro le domande che attendono risposta.
La prima: il protocollo presentato dalla Grosso è veramente una novità? La risposta è “no”. Infatti l’uso di antiangiogenici è stato ipotizzato dal 2001 in poi in successivi lavori pubblicati persino sulla prestigiosissima rivista PNAS (la rivista ufficiale dell’ Accademia Nazionale delle Scienze Americana) dal professor Mutti, un nostro conterraneo originario di Tortona, ora all’università di Manchester titolare di cattedra per la ricerca sul Cancro, uno dei massimi esperti al mondo nella cura al mesotelioma. I farmaci anti angiogenici sono comunque stati già testati negli anni e hanno fornito (in una sola sperimentazione condotta in Francia) un modestissimo (meno di tre mesi) miglioramanto della sopravvivenza. “Abbiamo abbandonato questi studi – ci ha detto al telefono lo stesso professor Mutti – anzi l’Università, qui in Inghilterra, sta pagando un dottorato il cui scopo è capire proprio perché gli antianiogenici non funzionano nel mesotelioma”. Si tratta dello stesso inibitore del mesotelioma proposto ora ad Alessandria, che fa parte di una più ampia famiglia chiamata inibitori delle tirosin.chinasi receptors e il loro possibile utilizzo nel mesotelioma sono stati testati più volte in tutto il mondo e, analogamente, hanno sempre dimostrato di non migliorare significativamente la sopravvivenza, sia utilizzati singolarmente che con chemioterapia.
Leggi l’articolo di Gianni Patrucco su Alessandria Oggi