Consiglio Giustizia Amm. Sicilia, 23 settembre 2024, n. 722 – Amianto: morte del carpentiere dell’Arsenale della Marina Militare
Prescrizione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 969 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato Vito Zumbo, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Ministero della difesa, Marina Militare, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione Terza), n. 312/2021, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della difesa e di Marina Militare;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 18 luglio 2024 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Fatto
Con la sentenza in epigrafe il Tar ha definito il ricorso proposto nel 2015 in via di riassunzione (il Tribunale di Tribunale Civile di Messina – Sezione lavoro, adito nell’ottobre 2009, con sentenza n. n.156/2015 ha dichiarato la propria carenza di giurisdizione a favore del giudice amministrativo, trattandosi di rapporto di lavoro pubblico cessato anteriormente al 1998) dai signori -OMISSIS-, -OMISSIS- per ottenere, previa CTU medico-legale: a) l’accertamento del nesso di causalità tra la malattia che ha causato il decesso del loro congiunto, signor -OMISSIS-, e l’insalubrità dell’ambiente di lavoro in cui egli ha svolto la sua attività lavorativa, anche a motivo delle mansioni a cui lo stesso è stato addetto sin dall’epoca della sua assunzione; b) l’accertamento della responsabilità del Ministero della difesa – Marina Militare, ex art. 2087 Cod. civ., nella causazione della malattia e della morte del predetto, per non aver predisposto tutte le misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica e la salute del lavoratore sul luogo di lavoro, o, subordinatamente, a qualsivoglia altro titolo; c) l’accertamento del diritto iure hereditario dei ricorrenti, eredi legittimi del defunto, al risarcimento dei danni subiti dal loro dante causa (diretti e indiretti, patrimoniali e non, ivi compreso il danno biologico), da liquidarsi nel complessivo importo di € 850.000,00, o nella misura maggiore o minore da determinarsi in corso di causa, oltre interessi legali e rivalutazione; d) la conforme condanna del Ministero della difesa – Marina Militare, in persona del Ministro, legale rappresentante pro-tempore.
I ricorrenti esponevano che:
– il loro dante causa ha svolto attività lavorativa presso l’Arsenale della Marina Militare di Messina dall’anno 1938 sino al 1 gennaio 1980 con la qualifica di “carpentiere in ferro e metalli”;
– l’Arsenale Militare di Messina operava nel settore della manutenzione e riparazione delle unità navali militari danneggiate da conflitti bellici e da incidenti navali, utilizzando materiale contenente amianto;
– i “carpentieri in ferro e metalli” si occupavano prevalentemente della riparazione delle paratie esterne e interne delle navi danneggiate;
– la riparazione consisteva nella decoibentazione dei cosiddetti materassi di amianto, aventi funzione di isolante tra le due paratie, nella sostituzione delle lamiere danneggiate e nella nuova decoibentazione in ambienti totalmente contaminati da polveri di amianto;
– il 3 settembre 2001 il loro congiunto risultava affetto da “-OMISSIS-“, patologia che ne causava il decesso, avvenuto il -OMISSIS-;
– le mansioni svolte dal de cuius per oltre quarant’anni avevano comportato l’esposizione prolungata a un ambiente di lavoro insalubre determinato dalla presenza di amianto con cui egli è stato direttamente a contatto per tutto il periodo lavorativo;
– l’esposizione al rischio “amianto” aveva coinvolto tutti i lavoratori ivi presenti, e l’assenza di mezzi di protezione collettivi e individuali, nonché la mancanza di informazioni sul rischio, avevano potenziato l’entità dell’esposizione;
– la stretta correlazione causale con la nocività dell’attività lavorativa era attestata dalla certificazione 5 giugno 2002 rilasciata dal Servizio di medicina del lavoro della A.D.M. e trovava ulteriore conferma nella consulenza medica di parte versata in atti.
L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, spiegava eccezioni di rito e di merito.
Il Tar respingeva il ricorso, compensando tra le parti le spese del giudizio, con la seguente motivazione:
“Il ricorrente è deceduto in data -OMISSIS- ed, effettivamente, non risultano atti interruttivi della prescrizione anteriori al 14 dicembre 2007.
Anche volendo prendere in considerazione, in via del tutto ipotetica, il certificato medico del Servizio di Medicina del Lavoro della A.M. in data 5 giugno 2002, alla data del 14 dicembre 2007 risultava comunque decorso il termine prescrizionale di cinque anni per l’esercizio dell’azione di responsabilità extracontrattuale.